Un fenomeno ancora drasticamente attuale
Il femminicidio, e più in generale la violenza di genere, è ormai da tempo un elemento predominante nelle pagine di cronaca nera. Ogni tre giorni una donna viene uccisa in Italia e i dati, allarmanti, vengono aggiornati settimanalmente dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell’Interno (Omicidi volontari e violenza di genere | Ministero dell‘Interno).
Questo perché i femminicidi nel nostro paese rappresentano un vero e proprio cancro sociale endemico che non accenna a diminuire. Anzi, ogni settimana la lista con i nomi delle vittime, di tutte le età, continua ad allungarsi: donne uccise da mariti, ex compagni, padri, uomini gelosi (così si dice), che puniscono la libertà femminile.
In pratica le donne, in Italia, continuano a morire per il semplice fatto di essere donne anzi, proprio per questo.
Nei primi 10 mesi del 2022 sono stati registrati 246 omicidi, con 91 vittime donne, di cui 79 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 46 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner, dati appena inferiori rispetto allo stesso periodo del 2021 ma non per questo accettabili. Si passa infatti da 248 a 246 omicidi (-1%) e da 101 a 91 vittime di genere femminile (-10%). Numeri ancora troppo alti per un paese che si ritiene emancipato.
Ma un lavoro di monitoraggio costante da solo non può bastare; certo può aiutare a concretizzare l’entità del problema portandolo a “terra” e rendendolo facilmente misurabile ma di fatto non aiuta la sua eliminazione.
Infatti le vittime, prima di essere uccise, nella maggior parte dei casi vivono in situazioni psicologicamente traumatiche, si colpevolizzano e tendono a giustificare i comportamenti del partner o ex partner anche perché non riconoscono la violenza in quanto tale. Per loro calci, pugni e schiaffi rappresentano ormai la normalità e non più una violazione dei loro diritti.
Per questo è importante informare le vittime che possono rivolgersi alle forze dell’ordine e ai tanti centri antiviolenza che le guideranno in un percorso di mutuo aiuto per riacquistare la propria autonomia e indipendenza.
Così com’è importante non rimanere indifferenti di fronte a questi comportamenti, perchè troppo spesso dietro ad ogni violenza domestica ci sono molti vicini e parenti che sanno, che sentono, che intuiscono ma che rimangono in silenzio. Bisogna insegnare alle ragazze e alle donne a uscire dall’isolamento, che è uno dei principali meccanismi di mantenimento e perpetuazione della violenza. Bisogna rompere il segreto e parlarne, con le famiglie, con gli amici, con i colleghi di lavoro, con gli specialisti del pronto soccorso e dei centri antiviolenza.
Il percorso per mettere la parola fine a questa piaga sociale è lungo e passa attraverso diversi passaggi, iniziative e programmi.
I passi fondamentali sono sicuramente la promozione della uguaglianza e del rispetto delle donne nelle scuole, l’intervento sul welfare pubblico (orari di lavoro, offerta di servizi, sussidi per l’acquisto di servizio di asilo nido, riconoscimento del lavoro domestico), i progetti di empowerment femminile, un adeguato sostegno psicologico, le attività dedicate all’autostima e alla consapevolezza e un vero supporto al reinserimento lavorativo e nella società.
Se ne può parlare, se ne deve parlare per fare prevenzione ma soprattutto per poter intervenire, per poter costruire un’alternativa, per poter creare una rete di aiuto, per curarsi e tutelarsi.
La riconquista della propria dignità è il primo passo verso la salvezza.