Storia di una donna che se la cava benone, anche in un mondo di uomini
Arbitrando Sassuolo-Salernitana, Maria Sole Ferrieri Caputi è diventata la terza donna arbitro di una partita di massima serie nei 5 campionati europei più importanti. Quanti, tra gli spettatori, hanno puntato gli occhi sul “fenomeno da baraccone” pronti a cogliere in fallo l’arbitro – o l’arbitra, se preferite – piuttosto che i giocatori? Questo sì che è un dilemma, cara Maria Sole. E quante volte ti hanno chiesto se poi sei fidanzata? E quale liceo hai frequentato? Domande impegnative, dopo giorni di attesa in cui la Ferrieri Caputi deve essersi sentita in un frullatore: siti web e giornali si sono gettati a capofitto sulla novità, pronti però a tentare, con toni eccessivamente mielosi, di ridurne la portata, perché poi si finisce con l’insinuare che il mondo del calcio è maschilista.
Pericolo non scampato però, poiché subito dopo, spinti dai pregiudizi, i più hanno affermato che “per essere una donna, in fondo, se l’è cavata benone” oppure che – nonostante il VAR abbia confermato un rigore assegnato come giusto e sacrosanto – “ha dato un rigorino”.
Quanto servirebbe, invece, una critica adulta e consapevole, che non tratti le donne come fenomeni da baraccone, che non perda tempo con la stucchevole questione arbitro/arbitra. Una critica costruttiva e che parifichi davvero, abolendo le ipocrisie e i giochetti retorici, fatti per tenere le donne al proprio posto, per paura che poi si moltiplichino e mettano davvero in discussione lo status quo.
Maria Sole, la prima donna arbitro in Serie A, che sui campi di calcio ci passa tutte le domeniche da quando aveva 16 anni, si è definita «la punta dell’iceberg», perché come lei ci sono altre 1833 donne arbitro iscritte all’Aia per la stagione in corso, il 6% dei 30557 fischietti italiani, un dato in aumento rispetto alle 1656 ragazze della stagione 2018-19. E se lei è arrivata alla Serie A lo deve soltanto a sé stessa perché è brava e preparata, atleticamente e tecnicamente. Non a caso ha dovuto sperimentare l’anticamera della serie B per appena tre giornate (molte meno dei colleghi uomini che l’hanno preceduta), anche se qualche detrattore non ha potuto fare a meno di insinuare che abbia goduto di un vento a favore mediatico e istituzionale, con tanto di paragone evocativo con Giorgia Meloni, primo premier donna della storia italiana.
Insomma, al di là dei rigorini e dei baracconi, si tratta di un grande passo per la parità di genere, specialmente perché arriva da uno degli sport più maschili e maschilisti al mondo. Sicuramente un segnale importante, ma la vera rivoluzione avverrà quando tutto ciò non farà più notizia, ma sarà la normalità.