Le nuove frontiere della comunicazione (avatar, meme, creazione personaggi virtuali)
Una parte sempre più ampia delle nostre vite la trascorriamo online, ormai è un dato di fatto. Sta diventando sempre più difficile distinguere la vita “reale” da quella che viviamo nel virtuale. Come afferma Daniel Miller, Professore di Antropologia presso University College London: “Lo smartphone non è più solo uno strumento che utilizziamo, è diventato il luogo in cui viviamo”. Se poi pensiamo al mondo del videogaming, in particolare, non possiamo che constatare che ormai le nuove tecnologie offrono la possibilità di vivere esperienze di gioco che, seppur contornate da paesaggi irrealistici e storyline inverosimili, rappresentano per l’utente la porta d’accesso a mondi paralleli. Nel virtuale ormai, con sempre più dettaglio e precisione, è possibile, attraverso un avatar, costruire – scenario dopo scenario, livello dopo livello – il rapporto che il gamer ha con sé stesso e allo stesso tempo con gli altri.
Con la crescente popolarità dei videogame e grazie alla loro grafica sempre più realistica e interattiva, è importante oggi riflettere sull’effetto che essi hanno sui giocatori e su come influenzano le dinamiche di genere all’interno della società. Partendo dall’analisi delle immagini dei personaggi femminili dei videogiochi, è facile costatare immediatamente rappresentazioni stereotipate: non solo negli aspetti legati all’estetica (proporzioni corporee irrealistiche, abbigliamento succinto ecc…) ma anche nel ruolo che ricoprono all’interno della trama, spesso secondario e con scarsa possibilità di interazione (pensiamo ad esempio al classico eroe che deve salvare la principessa). Ovviamente non troviamo questa rappresentazione in ogni videogioco, ma possiamo affermare che la stragrande maggioranza dei titoli sul mercato ricalca ancora questi schemi.
Ora interroghiamo il nostro lettore con una semplice domanda:
Sapresti dire il nome di un videogioco che ha come protagonista una donna?
Se la tua risposta è Lara Croft, non siamo sorprese!
I più esperti probabilmente avranno trovato qualche personaggio in più, ma il 90% dei lettori avrà pensato immediatamente alla storica protagonista della serie Tomb Raider.
Lara Croft è un personaggio femminile coraggioso e forte ma, nonostante ciò, quello che appare immediatamente evidente è l’oggettivizzazione del suo corpo, l’esagerazione della femminilità e dell’attrattiva sessuale. Non solo questo: nelle varie evoluzioni del gioco, anche alcuni aspetti tecnici hanno contribuito a stereotipare il personaggio, come ad esempio il punto di vista della telecamera, che enfatizza le parti del corpo esposte di Lara Croft, offrendo inoltre all’utente la possibilità di manipolare l’angolazione della telecamera.
Il ruolo dell’immagine del personaggio femminile risulta un tema fondamentale anche per quanto riguarda la socializzazione tra gamers. In uno studio molto interessante della Penn State Unversity, risalente ormai a 7 anni fa (2015), I ricercatori hanno utilizzato sei diversi avatar per studiare le reazioni alle richieste di aiuto tra giocatori del gioco online World of Warcraft. Gli avatar rappresentavano creature maschili e femminili attraverso tre diversi livelli di attrattiva. La ricerca ha evidenziato come le donne abbiano ricevuto meno aiuto dagli altri giocatori rispetto agli uomini nel momento in cui utilizzavano avatar poco attraenti e/o maschili. Lo studio supporta l’idea che le nostre risposte a stereotipi e norme ci seguano dalla vita reale all’interno degli ambienti virtuali. Inoltre, è emerso che i giocatori avevano meno probabilità di aiutare una donna che controllava un avatar maschile rispetto ad un uomo con sembianze femminili.
Le cose però possono e devono evolversi.
Le nuovissime tecnologie, ad esempio, potrebbero rappresentare un’evoluzione importante nel migliorare la percezione e l’immaginario del genere. Tra tutte le nuove modalità di interazione, grande interesse è oggi rivolto al metaverso, l’insieme di esperienze virtuali generate dalle tecnologie di realtà aumentata (AR) e virtuale (VR) in cui l’essere umano può interagire con persone e/o oggetti tramite un avatar. Il corretto utilizzo di questi strumenti però deve passare attraverso l’industria del videogaming. A tale proposito, un’interessante ricerca IPSOS Mori – intitolata “Women Played. Women Paid. Women Made”, pubblicata a marzo 2021, racconta con dati oggettivi la presenza e l’attività delle donne nel mercato dei videogiochi. L’immagine che ci restituisce è quella di un’industria in cui le donne sono protagoniste, che sta lavorando attivamente per migliorare la rappresentazione femminile e l’inclusione. In particolare, quasi la metà di tutte le persone che hanno affermato di giocare ai videogiochi nei principali Paesi europei – Regno Unito, Francia, Germania, Spagna ed Italia – si identifica come donna (47% nel 2020 e 45% nel 2019). Nonostante la metà dell’utenza sia femminile, la percentuale di donne che lavorano all’interno dell’industria dei videogiochi in questi mercati è di circa il 17% della forza lavoro totale. Si va dal 14% della Francia al 28% del Regno Unito. Sembra inoltre che anche la stereotipizzazione delle donne nei videogiochi stia evolvendo: secondo l’analisi, nel 2020 il numero di donne protagoniste dei videogiochi è salito al 20% (era il 9% nel 2019).
Sono numeri incoraggianti che però non sono la risposta al problema. È il cambiamento del modo in cui sono rappresentate le donne a poter contribuire concretamente nel coltivare e diffondere una cultura del gioco più equilibrata e non stereotipata. È questa la strada da intraprendere per innescare un vero cambiamento dell’immaginario collettivo virtuale e non!